domenica 26 marzo 2017

Nè con le buone nè con le cattive

Prima di immergermi nell'argomento di questo post volevo ringraziarvi per essere state tutte così presenti e vicine pur stando lontane in queste settimane così difficili. Ho sentito il vostro affetto e il vostro sostegno e le vostre parole sono state come degli abbracci reali!!! GRAZIE!!!
E poi volevo annunciarvi che abbiamo fatto un nuovo passo nel nostro percorso di "addio alla tetta": è sparita quella della notte!!!
Era il passo che mi faceva più paura, e invece una notte ho provato a dire a Cesare che la Puppa aveva sonno e stava dormendo, di mettersi vicino vicino a me che lo avrei abbracciato forte e potevamo riaddormentarci. La prima volta si è lamentato un pò, poi però si è ranicchiato accanto a me e si è riaddormentato!
Quindi l'ho rifatto la notte dopo, e quelle successive, e ora è passata una settimana e direi che sta andando alla grande! Il bello è che si sveglia anche molto meno: stanotte per esempio non si è svegliato nemmeno una volta! 
Non avrei mai creduto che sarebbe stato così semplice!!!
Adesso è rimasta solo la "ciucciata" per addormentarsi, ma dato che è proprio l'ultimo scalino voglio aspettare un altro pò, anche perchè è un momento solo nostro a cui sono affezionata, e ancora non sono pronta nemmeno io a rinunciarci!
E ora eccomi ad affrontare il tema di questo post, un argomento di cui volevo parlare da tanto tempo.
Durante la gravidanza e dopo la nascita di Cesare ci sono stati tanti libri che mi hanno aiutato nel mio essere mamma (il più importante forse è stato "E se poi prende il vizio?" di Alessandra Bortolotti, grazie al quale ho capito di voler essere una mamma "ad alto contatto", una vera e propria illuminazione...). 
Ma i libri di cui vi voglio parlare oggi credo che abbiano un merito in più, perchè mi hanno fatto riflettere sul mio modo di comunicare non solo con mio figlio, ma anche con Carl e con tutte le persone in generale.
Si tratta di "Genitori efficaci" e "Nè con le buone nè con le cattive" di Thomas Gordon.
Mi sono stati consigliati dalla psicologa dell'associazione delle mamme nel periodo in cui Cesare cominciava le sue prime manifestazioni di "indipendenza", intorno all'anno di età, quando mi sono trovata di fronte a una me stessa che doveva non solo coccolare e abbracciare, ma anche mettere dei limiti e dei confini alla sua inesauribile voglia di scoprire. Mi sentivo in difficoltà, non mi ci vedevo nè nelle vesti della mamma severa e autoritaria, nè in quelle di mamma chioccia che fa fare al figlio tutto quello che vuole perchè è più comodo e meno faticoso.
Lo psicologo americano Thomas Gordon mi è venuto in aiuto: nonostante abbia scritto i suoi libri già un bel pò di anni fa (intorno agli anni '80) li ho trovati attuali e illuminanti.
Ho scoperto un modo secondo me bellissimo ed efficace per comunicare con Cesare, basato sull'ascolto attivo.
Provo a farvi degli esempi pratici, dato che non sono brava a fare la critica letteraria!
Cesare sta giocando per conto suo con il camion e ad un certo punto il rimorchio si rompe e lui fa un urlo fortissimo tipo Scimmia Urlatrice e si mette a piangere.
Se non avessi letto Gordon avrei probabilmente detto, con tono un pò scocciato:"Cesare, cosa c'è da piangere! Si è solo rotto il rimorchio, adesso mamma te lo rimonta!" e lui probabilmente avrebbe continuato a piagnucolare.
Invece ora dico:" Cesare, ci sei rimasto malissimo!!! Sei proprio arrabbiato eh? Ci sei rimasto male che il rimorchio si è rotto!" e lui a quel punto si calma improvvisamente, dice "Si." e si rimette a giocare tranquillo.
E' successo che non ho criticato o minimizzato il suo disagio, ma l'ho riconosciuto, gli ho dato un nome e una causa e lui si è sentito accettato. E' come se gli avessi fatto "da specchio": lui ha visto in me la spiegazione di ciò che ha provato in quel momento, e si è sentito subito capito.
L'ascolto attivo è così.
Vi faccio un altro esempio.
Cesare corre in giardino tutto contento, non vede un sasso, inciampa e si mette a piangere.
Potrei dire:" Dai che non è niente, non piangere!" oppure: " Te l'avevo detto che c'era il sasso, dovevi stare più attento!", oppure ancora cercare di distrarlo:" Guarda laggiù, quel bimbo, che bella bicicletta!".
Invece vado da lui, mi inginocchio per essere alla sua altezza e lo abbraccio:" Sei caduto, povero Cesare! Che male vero? Mannaggia, ti sei fatto proprio male! Vieni, ti abbraccio!". E lui dopo tre secondi è di nuovo a correre felice.
Non ho minimizzato, non l'ho giudicato, non gli ho fatto capire che "i bambini grandi non piangono"...al contrario ho dato la giusta importanza alla sua caduta, perchè per lui, in quel momento, è stata una cosa importante, anche se solo per pochi istanti.
Oltre all'ascolto attivo, ho imparato anche a parlare sempre in prima persona.
Gordon spiega che quando sorge un problema in famiglia, dobbiamo chiederci di chi è quel problema: se è di nostro figlio (come nel caso della caduta o del rimorchio rotto), oppure se è nostro, come nel caso in cui io devo preparare la cena e Cesare vuole a tutti i costi leggere un libro o giocare con me e insiste e si lamenta.
In questo caso il problema non è suo, ma è mio, che ho bisogno di preparare la cena e voglio che lui stia buono.
Quindi non devo dare a lui la colpa del mio essere infastidita. Non devo dirgli:"Cesare, stai buono! Sei tremendo stasera!"
Al contrario posso semplicemente spiegargli come mi sento:" Mamma non può giocare con te perchè deve preparare la cena. Sono dispiaciuta perchè piacerebbe anche a me giocare adesso, ma finchè non preparo la cena non posso proprio farlo."
Di solito non smette di fare il lagnoso come per magia, ma sicuramente reagisce meglio che di fronte al mio rifiuto e al mio nervosismo.
Un altro esempio può essere quando Cesare fa qualcosa di pericoloso per lui, come ad esempio arrampicarsi sullo sgabello, o prendere i coltelli dalla lavastoviglie.
Se mi spavento tanto mi capita di urlare, e di toglierlo velocemente e magari bruscamente dalla situazione pericolosa. Lui a quel punto ci rimane male, e ovviamente, piange.
Allora gli dico:"Mamma ha urlato perchè si è proprio spaventata! Che paura!!! Ho sempre paura che cadi dallo sgabello/ che ti tagli con il coltello e non sto tranquilla".
Questo "riportare tutto ciò che accade alle emozioni" è molto utile, perchè aiuta i bambini a "decodificare" la realtà intorno a loro e a diventare più empatici: li aiutiamo a capire come si sentono e perchè, e poi a comprendere come si  sentono gli altri: i genitori, gli amichetti, gli estranei.
Questa visione inoltre libera i genitori dall'idea di dover essere sempre perfetti e impeccabili agli occhi dei figli, che poi è un'immagine falsata, perchè i bambini si accorgono subito quando qualcosa non va o quando non siamo sinceri. 
Invece il fatto di potergli dire:"Mamma è stanca." o "Mamma è un pò nervosa perchè è stata una giornata difficile", già mi fa sentire meglio e meno in colpa rispetto a non spiegargli niente e scaricare su di lui il mio nervosismo o la mia stanchezza.
E lui sembra incredibilmente capire e comprendere quasi meglio di un adulto.
Forse può sembrare un sistema faticoso e complicato, ma una volta capito ci si prende la mano e adesso mi viene spontaneo e non devo più fermarmi a pensarci come all'inizio.
Ci vuole ovviamente pazienza, e voglia di dedicare tempo ad ascoltare i propri figli. 
Bisogna credere nel rispetto, nel dialogo e nella democrazia.
Credere che in famiglia non debbano esserci nè vincitori nè vinti, credere che non ci sia bisogno di esercitare alcun potere sui bambini.
Con questo tipo di comunicazione infatti tutti i membri della famiglia hanno diritto ad esprimere se stessi e i loro bisogni, sia gli adulti che i bambini.
E dopo il confronto si troverà una soluzione che non scontenta nessuno, perchè non è stata imposta, ma discussa e condivisa da tutti.
Questa parte, chiamata appunto "metodo di risoluzione dei problemi", credo che sarà molto utile tra qualche anno, quando Cesare sarà cresciuto e potrà esserci un dialogo più articolato con lui. 
Per ora però vedo già dei grandissimi risultati, e anche le persone intorno a noi sono spesso stupite di come Cesare sia un bambino che ascolta e ubbidisce.
Io so che non si comporta così perchè è ubbidiente, semplicemente se le cose gli vengono spiegate lui le comprende e le accetta molto più volentieri. Si sente coinvolto e partecipe delle decisioni che prendiamo, si sente responsabilizzato e felice di poter essere d'aiuto. 
Insomma io sono felicissima di aver intrapreso questo percorso, e anche Carl, che ha letto i libri dopo di me, è contento e a volte si stupisce di come i piccoli problemi, anche tra di noi, si risolvano più facilmente.
Grazie a nostro figlio siamo cresciuti e migliorati anche noi come persone, e questa forse è la cosa più bella.

martedì 14 marzo 2017

Il Dopo

Oggi sono andata al controllo all'ospedale.
Questa volta siamo stati più fortunati, e abbiamo trovato una ginecologa e un'ostetrica molto più gentili.
Io e Carl ci siamo seduti nel corridoio, con il solito rumore dei tracciati in sottofondo, e dopo pochi minuti una delle ostetriche si è affacciata e ci ha detto se preferivamo aspettare nel corridoio in fondo, che ci avrebbe chiamato lei, in modo da non dover stare là a sentire i battiti dei piccoli cuori dei bimbi nelle pance.
E' stato un gesto di umanità, e l'abbiamo apprezzato molto.
Anche la dottoressa che mi ha visitato è stata delicata e affettuosa. Ci ha detto che era tutto già a posto, non c'era più niente e non dovevo fare nessun temutissimo raschiamento. Ha visto che le mie ovaie sono già di nuovo in funzione, la sinistra sta ovulando, e ha detto che dopo le prossime mestruazioni potremmo già riprovarci.
Ci ha fatto effetto a entrambi, questa cosa.
Carl quando siamo usciti ha messo subito in chiaro:"Io adesso non voglio riprovarci. Ho paura."
Ma anch'io rabbrividisco solo all'idea.
Adesso ci dobbiamo riprendere e basta.
Riprenderci noi, riprendere la nostra vita normale, è questa l'unica cosa di cui abbiamo bisogno adesso.
In realtà mi sembra che ce la stiamo facendo, siamo bravi.
La nostra medicina preferita si chiama Cesare, e non ha effetti collaterali.
E' un vulcano, chiacchiera tantissimo, ripete tutto quello che sente, sta entrando in pieno nei famosi "terribili due anni", cioè una specie di pre-pre-adolescenza durante la quale i bambini iniziano a provare a esprimere la loro volontà e a voler fare di testa loro. 
A volte è proprio faticoso e bisogna fare appello a tutte le nostre riserve infinite di pazienza, ma ci fa solo bene, ci trasmette la sua inesauribile vitalità e ci porta via dai pensieri. 
Con lui niente pensieri, solo azione, niente passato o futuro, solo presente.
"Tetè, ora. Tetè, solo. Tetè, pende. Tetè detto no."
Sono le frasi preferite del nostro Piccolo Capo Indiano Tetè (come lui chiama se stesso). 
Ogni giorno ci sono nuove conquiste di autonomia, e nuovi scontri tra la sua volontà e la nostra...ma è comunque sempre un incredibile miracolo e un privilegio enorme accompagnarlo in questo suo viaggio.
E' arrivata la primavera improvvisamente, sfacciata e profumata, con i fiori, gli uccellini che cantano e tutto il resto. 
Io non ero pronta, non corrisponde al mio stato interiore, dentro sono ancora in pieno, pienissimo inverno.
Tutto questo sole mi dà fastidio, mai successo prima d'ora, sento che avrei bisogno di un altro Febbraio freddo e piovoso, per starmene rintanata, riprendermi e leccarmi le ferite.
Questo Febbraio è stato un mese di follia, ve ne ho raccontato solo un aspetto, ma mentre scoprivamo di aspettare Stellina succedeva di tutto. 
Trovatello si è ammalato: la medicina che prende per la sua malattia (leismaniosi) gli ha causato i calcoli ai reni, quindi abbiamo dovuto sospenderla e adesso sembra che la leismaniosi stia peggiorando, e non si sa nè come ne se ne uscirà.
Contemporaneamente Cesare ha preso la sua prima malattia esantematica, la cosiddetta "Bocca mani piedi", per fortuna in forma molto leggera, ma sufficiente a farci preoccupare per qualche giorno.
Nel frattempo avevamo ordinato il soggiorno nuovo all'ikea, e ce l'hanno portato proprio il fine settimana in cui abbiamo perso Stellina.
Abbiamo passato una settimana tra scatole e scatoloni, con Carl stanchissimo ed esaurito che si divideva tra noi, Trovatello da portare dal veterinario, il vecchio soggiorno da smontare e quello nuovo da rimontare...
E infine a me scadeva il contratto a lavoro.
Me l'hanno rinnovato il giorno prima di perdere Stellina, ovviamente non avevo detto  ancora niente della gravidanza: il capo del personale mi ha messo davanti il foglio della proroga fino al 31 agosto, stesse condizioni di stipendio e soprattutto di orario (quello che mi premeva di più), e io ho firmato senza pensarci due volte.
In effetti questa è stata l'unica cosa positiva e "facile" di questo periodo...
Sabato scorso, a una settimana esatta da quando abbiamo perso Stellina, abbiamo celebrato il suo saluto nel bosco.
Siamo andati di mattina presto io, Carl e Cesare, abbiamo scelto il posto, su una collinetta vicino alla sorgente, e ci siamo seduti.
Abbiamo recitato un pò il nostro mantra, (Cesare è abituato e quando recitiamo se ne sta lì buono buono ad ascoltare il suono, oppure cerca di ripeterlo anche lui), poi a turno io e Carl abbiamo lasciato lì un oggetto in ricordo di Stellina e l'abbiamo salutata.
Dopo ci sentivamo più leggeri, ce ne siamo stati un bel pò nel parco tutti e tre, a correre nel sole e nel vento, ad andare in altalena e a tirare sassi nel fiume.
Credo che sia stato utile, sento di averla lasciata libera, o libero, non voglio tenerla legata a noi con il nostro dolore, è giusto che scelga presto un'altra vita da vivere, e che questa volta sia lunga e felice.

lunedì 6 marzo 2017

Succede

La notte del 2 febbraio scorso, circa una settimana prima di scoprire che ero incinta, avevo fatto un sogno.
Mi guardavo le mani e mi si staccavano le unghie, una ad una. Ero molto spaventata ma non potevo farci niente.
Quando mi sono svegliata ero piena di agitazione, ho pensato subito che fosse un cattivo presagio, ero preoccupata per i miei genitori.
Poi sono passati i giorni, non è successo niente di negativo, e ho cercato di non pensarci più, a quel sogno, soprattutto da quando avevo scoperto di essere incinta.
Ora ho capito cosa significava.
Una parte di me che se ne va via, che mi lascia, e io non posso fare niente per fermarla.
E ora cercherò di raccontarvi com'è finita la storia di Stellina, perchè metterlo per iscritto fa bene anche a me.
L'ultima volta che ho scritto avevo appena fatto le seconde beta, erano cresciute, e aspettavamo fiduciosi di andare all'appuntamento con il Super-gine, fissato per il 21 febbraio, dopo dieci giorni dal test positivo e dalle prime beta. 
Ero spaventata ma anche piena di speranza, cominciavo ad avere qualche nausea, anche se per il resto i sintomi erano sempre pochissimi.
Al controllo però c'è stata la seconda delusione: si vedeva la camera gestazionale, il sacco vitellino, ma non l'embrione.
Secondo il Super-gine poteva essere un pò indietro e ci ha rassicurati, confermando la terapia (aspirinetta, progesterone, magnesio e acido folico) e dicendoci di dare fiducia a questo bambino, di dargli il tempo di crescere.
Abbiamo preso appuntamento dopo altri dieci giorni, il 2 marzo, ma non ha voluto fare nessuna datazione della gravidanza, e mi ha detto anche di aspettare a fare il libretto della asl.
Io ero preoccupata, mi sembrava assurdo che Stellina fosse così indietro, non mi tornavano i conti, ma ho deciso di continuare a crederci e di aspettare  la seconda ecografia.
Non ho più scritto sul blog, perchè mi sentivo in sospeso, con un senso di inquietudine che cresceva, ma al quale non volevo dare spazio.
Sono passati altri dieci giorni, avevo le nausee ogni giorno che mi davano speranza, ma c'erano altre mille sensazioni contrastanti che non mi facevano stare tranquilla.
La mattina del 2 marzo, il giorno dell'appuntamento, giovedì scorso, ho iniziato ad avere delle piccole perdite marroncine mentre ero a lavoro, e così sono arrivata dal Super-gine ancora più in agitazione della volta precedente.
Carl invece era felice, pieno di entusiasmo e fiducia. All'appuntamento si è presentato con in mano il giornale delle macchine, dicendo che voleva "farsi un'idea " perchè nella nostra due seggiolini non c'entravano....mi faceva una tenerezza infinita, ma non riuscivo a condividere la sua beatitudine.
Le mie sensazioni erano ben altre.
Ho detto subito al Super-gine delle perdite, lui mi ha visitato e ha sentenziato che era tutto a posto, il bimbo c'era e si vedeva anche il battito.
Ci siamo emozionati entrambi nel vedere quel minuscolo puntino che batteva, ma si vedeva veramente poco.
Non aveva la forma di un bambino, come era successo con la prima ecografia di Cesare, fatta anche quella a otto settimane. 
Mi sembrava solo un piccolo mucchietto di vita, accucciato in un angolo della sua casetta.
Però era una vita che pulsava, almeno quello. 
Il Super-gine non l'ha misurato, non mi ha fatto la datazione nemmeno questa volta.
Ha sentenziato:"Per me è di cinque, massimo sei settimane." e io ero così frastornata che non sono riuscita a fargli nemmeno una domanda.
Mi ha ridato appuntamento a due settimane dopo, per un'ennesima ecografia. E mi ha aumentato il progesterone da uno a tre al giorno, per via delle perdite. 
Siamo tornati a casa moderatamente felici, io dentro però ero sempre più scombussolata.
Quella notte non riuscivo a dormire, mi sono alzata, ho preso l'agenda, ho rifatto i conti. Non tornavano. Non poteva essere di cinque o sei settimane come diceva il Super-gine, era troppo indietro.
Sono tornata a dormire dicendomi che volevo provare gratitudine per quel piccolo cuoricino che batteva dentro di me, a prescindere da come fosse andata a finire.
Il venerdì avevo un mal di testa terribile ma almeno le perdite sembravano finite. 
Sabato sono venuti a trovarmi mio padre e la moglie e anche mio fratello dal Kosovo, che non vedevo da Natale. Gli abbiamo dato la bella notizia, spiegandogli però che ancora non si sapeva bene di quante settimane ero e che volevamo aspettare a festeggiare.
Dopo pranzo sono ricominciate le perdite, e questa volta ho visto rosso. Rosso. E altre cose.
Mi sono tolta la collanina con il chiama angeli, perchè ho capito che Stellina se ne stava andando, ma non l'ho detto a nessuno, nemmeno a Carl che stava uscendo per andare a fare la spesa.
Poi le perdite sono diventate una vera emorragia, ho iniziato ad avere dolori forti, come il ciclo dei vecchi tempi. 
Ho chiamato il Super-gine, che mi ha consigliato di andare subito al Pronto Soccorso.
Allora improvvisamente mi sono svegliata e ho preso in mano la situazione.
Ho telefonato a Carl, lui ha mollato il carrello mezzo pieno al supermercato ed è corso a casa.
I miei sono partiti perchè avevano il treno, con uno stato d'animo che potete immaginare, e io, Carl e Cesare siamo andati al Pronto Soccorso.
Ci hanno fatto passare subito alla maternità, proprio dove è nato Cesare quasi due anni fa.
Un'ostetrica mi ha fatto la domanda di rito:
"Ultime mestruazioni?" "Sei gennaio"
 "Otto+uno" , ha risposto.
Ho aspettato su una sedia nel corridoio, i dolori erano sempre più forti e Cesare mi faceva le carezze sulla testa e mi diceva "Mamma, cara, bene".
Poi per fortuna sono venuti a prenderlo i miei suoceri, non volevo che mi vedesse stare male.
Mentre aspettavo ascoltavo i rumori del reparto in sottofondo, il pianto dei neonati e il suono inconfondibile del battito del cuore amplificato dalle macchine per i tracciati. Vedevo passare le neomamme con le loro cullette di vetro, e riuscivo solo a pensare a come sarebbe stato infinitamente più terribile vivere quell'esperienza senza avere Cesare. Se mi fosse capitato con il primo figlio.
Ecco, a quello pensavo.
Poi finalmente sono entrata, quando ormai stavo veramente malissimo, quasi per svenire. Mi hanno fatto sedere, l'ostetrica gentile mi ha portato una bustina di zucchero, un'altra antipatica mi diceva di non fare tante storie perchè la pressione non ce l'avevo poi così bassa, e intanto la ginecologa guardava il cellulare. 
Quando mi sono ripresa un pò mi ha visitata, e subito ha detto:" Non c'è più niente. Nemmeno la camera gestazionale."
La visita è stata dolorosa, ma per fortuna è durata poco.
Carl non c'era, perchè stava accompagnando Cesare dai nonni fuori dall'ospedale, e quando è tornato avevo già finito.
La dottoressa mi ha detto di aspettare di là, che mi avrebbero dato una flebo per il dolore, e che mi avrebbe rivista dopo un paio d'ore. 
Sono uscita scortata dall'ostetrica gentile che mi ha fatto sedere in una saletta dove c'erano altre due donne non incinte, in attesa di avere delle risposte ad alcuni esami.
Ho detto a Carl che Stellina non c'era più e di avvisare i miei. 
Lui è uscito, e dopo mi ha raccontato che solo in quel momento ha capito che avevamo perso il bambino, perchè fino ad allora si era illuso che fossero solo dei dolori o delle perdite legate alla gravidanza, ma sperava che non fosse niente di grave.
Ha pianto, e dopo ha avvisato i miei genitori.
Io sono rimasta lì sulla sedia senza pensare a niente, e mi si è avvicinata una di quelle due donne.
"L'hai perso vero?" mi ha chiesto.
E poi mi ha raccontato di aver perso anche lei il suo secondo figlio, un maschietto, al terzo mese di gravidanza. Le avevano dovuto anche fare il raschiamento. Anche lei se lo sentiva che qualcosa non andava.
Poi l'hanno chiamata perchè i suoi esami erano pronti ed è uscita dalla stanza, ma prima l'ho ringraziata. 
Non credo che la rivedrò mai più, ma comunque quelle poche parole scambiate con lei mi hanno fatto sentire meno sola.
Quando è tornato Carl siamo stati un pò lì tenendoci per mano, non abbiamo parlato molto.
Poi la dottoressa mi ha richiamata, ha detto che l'utero era pulito, ma avevo ancora del "materiale" nel collo dell'utero e quindi sarei dovuta tornare tra due settimane lì all'ospedale per un controllo.
Sul referto ha scritto "Aborto completo", e ha detto che non c'era bisogno di nessun raschiamento.
Ora che c'era Carl si è comportata in modo leggermente più gentile.
Ha detto:" Sono cose che dispiacciono." e poi "Suo marito è ancora più dispiaciuto di lei!"
Non mi ricordo cosa le ho risposto.

Siamo tornati a casa, ho tirato fuori i mega assorbenti da post parto che mi erano avanzati, e mi sono messa a letto. 
Mi mancava Cesare, e non vedevo l'ora che i miei suoceri lo riportassero a casa.
Quando è tornato l'ho allattato e poi mi sono addormentata con il naso tra i suoi capelli.
La notte è passata abbastanza bene, ogni tanto mi svegliavo per il dolore, ma non è stato mai insopportabile.
Ho preso due giorni di malattia e tornerò mercoledì a lavoro, dove ovviamente non avevo detto niente.
Ho pensato che Stellina è stata bravissima a far succedere tutto di sabato. Perchè se fosse successo il giorno prima sarebbe stato mille volte più terribile e difficile.
Oggi siamo stati a casa tutti e tre insieme, per fortuna anche Carl aveva preso ferie perchè la Tata fotografa non c'è in questi giorni.
Carl sta soffrendo tantissimo, non era preparato e il colpo lo ha sentito più di me.
Ha detto che vorrebbe fare una specie di cerimonia di saluto per il bambino, così abbiamo deciso che lo faremo questo fine settimana nel bosco, vicino alla sorgente, in un posto a cui vogliamo bene, e dove possiamo tornare sempre a ricordarlo/a.

"Succede", ci hanno detto. "Sono cose che succedono".
Stavolta è successo a noi, forse diventeremo un pò più saggi dopo aver vissuto anche questa esperienza.

Staremo bene, comunque.
C'è Cesare, ci siamo Noi2, e staremo bene.

Ciao Stellina, è stato bello portarti dentro di me per un pò.